La generazione dei quaranta/cinquantenni di oggi è la prima in cui persone dello stesso sesso possono sposarsi e avere figli biologici. Per loro le cose non funzionano esattamente come per le coppie formate da un uomo e una donna, ma la riproduzione assistita è uno di quei casi in cui le differenze nel momento in cui si decide di allargare la famiglia si annullano. Che tu sia uomo o donna, quando ti rivolgi a una clinica della fertilità non è importante chi ami e con chi hai scelto di condividere la vita. Il percorso è lo stesso per tutti.

Luis e Denis vivono a Valencia. Sono entrambi papà di Ornella e Oriana, due splendide bambine nate in momenti diversi grazie a Melissa, la donna americana che si è offerta di portarle in grembo. Per raccontare alle loro figlie come sono nate, Luis e Denis hanno scritto due libri illustrati per far sì che le loro piccole potessero rispecchiarsi in una storia che parlasse di come sono venute al mondo. Luis è psicologo e sa quanto è importante che i bambini conoscano le proprie origini fin da piccoli, ragione per cui quando ha scoperto dell’esistenza di “C’è una volta”, il primo libro di Matamua Books, non ci ha pensato un attimo prima di regalarlo a Oriana, la più piccola di casa.

La gestazione surrogata è ancora proibita in molti paesi, Spagna e Italia incluse, e spesso l’informazione generalista non la racconta nella maniera corretta, motivo per cui abbiamo rivolto qualche domanda ai due papà.

Come vi siete avvicinati alla surrogata?

Avevamo valutato anche l’adozione, ma per due uomini è praticamente impossibile. Fino ad allora della surrogata avevamo una conoscenza parziale, viziata dai media. Approfondendo, ci si è aperto un mondo.

Qual è la parte più difficile di questo percorso?

È un processo complicato, richiede perseveranza anche dal punto di vista della mole incredibile di documenti sia medici sia legali che si devono produrre. Per noi la parte più difficile da sostenere è stata la distanza e non poter seguire l’evoluzione della gravidanza da vicino.

Melissa, la donna che ha partorito le vostre bambine vive negli Stati Uniti. Perché proprio lei?

Per noi era essenziale poter incontrare la donna che avrebbe portato in grembo i nostri figli e abbiamo optato per gli Stati Uniti perché è il paese che dà le maggiori garanzie a tutte le parti coinvolte che tra l’altro vengono sottoposte a molti test medici e psicologici. Lì inoltre è consentito conoscere la donante, un aspetto che abbiamo ritenuto rilevante.

Ad ogni modo, la selezione è reciproca, la donna che sostiene la gravidanza sceglie i genitori e viceversa. Il tutto avviene inizialmente attraverso un’agenzia che si occupa di verificare la corrispondenza dei profili. L’empatia e la sensibilità di Melissa nel nostro caso sono state determinanti. Vivendo a più di 7 mila chilometri di distanza, abbiamo mantenuto un contatto quasi quotidiano attraverso Whatsapp, le nostre figlie la conoscono tramite skype e conosceranno anche la donante qualora lo desiderassero.

La psicologia concorda sul fatto che sia un bene per i bambini conoscere le loro origini, voi cosa avete detto? Le vostre bambine sono ancora molto piccole.

Le storie illustrate sono strumenti validi per connettersi con i più piccoli, non solo per rispondere alle loro domande, alle quali bisogna rispondere in base all’età, ma anche per incoraggiarli. Noi ne abbiamo scritte due perché al tempo non c’era nulla in Spagna che affrontasse la nostra realtà e volevamo che potessero rispecchiarsi in un libro. Uno dei principali obiettivi delle nostre storie è dare visibilità e normalizzare la surrogata, è anche una questione politica.

Vogliamo che le persone sappiano cosa sia, si facciano domande in merito, si informino. Crediamo che parlare della propria esperienza sia un dovere per tutti coloro che sono diventati una famiglia attraverso questa tecnica, perché solo così la società potrà accettarla.

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